Storia della letteratura
italiana
Il percorso inizia con il ‘500.
Il Rinascimento parte da circa la metà del 300.
Dalla seconda metà del ‘500 il
Rinascimento entra in crisi. Il Rinascimento è una grande rinascita dopo la
cultura classica (greca). Il tema centrale del Rinascimento è la centralità dell’uomo, rispetto al Medio
Evo dove la centralità era Dio , nel
Rinascimento c’è la volontà dell’uomo di affermarsi: separare ciò che è umano
dal divino.
Nella seconda metà del
Cinquecento le cose cambiano e l’elemento che caratterizza questo periodo è la Riforma Protestante e la Controriforma. Per la Controriforma,
fondamentale fu il Concilio di Trento (1545-1563) dove le massime
autorità della Chiesa si adoperarono per arginare il pericolo Protestante
infatti la Chiesa non poteva perdere il controllo degli Stati Cattolici.
La Chiesa era spaventata anche
dalla rivoluzione scientifica. Nel
periodo del Rinascimento vi fu un grande proliferare di scienziati che venivano
sprezzatamene chiamati maghi. Gli scienziati incominciarono a mettere in crisi
le certezze assolute della Chiesa (i dogmi), sulle quali aveva costruito il
proprio potere.
Se il Rinascimento è stato un
periodo di grande entusiasmo e attività, il Seicento con la Controriforma è
stato un periodo oscurantista religioso
di stampo medioevale, dove alla centralità dell’uomo torna ad essere posto
al centro Dio. L’uomo però è più colto e
fatica ad accettare questa situazione di tipo Medioevale: le conquiste
rinascimentali sono ormai consolidate.
Nel
Seicento ci fu un esempio che fu usato strumentalmente dalla Chiesa per
mantenere questo clima di paura e superstizione: la peste. “DIO PUNISCE L’ARROGANZA DELL’UOMO”.
Il
rigore della Controriforma ebbe più vigore negli stati cattolici d’Europa.
Vittime illustri di questa epoca furono:
Tommaso Campanella, Giordano
Bruno, Galileo Galilei. La Santa
Inquisizione fu uno strumento di controllo ideato dal Concilio di Trento
per effettuare controlli terribili e capillari da parte della Chiesa per
combattere l’eresia. Coloro che venivano sospettati di eresia subivano processi
accompagnati da torture di ogni tipo e nella peggiore delle ipotesi il
risultato finale era il rogo che veniva visto come una forma di espiazione dei
peccati.
Keplero,
Copernico, Galilei, dimostrarono la teoria ELIOCENTRICA ossia il Sole era al
centro dell’Universo, in contrapposizione alla teoria GEOCENTRICA dove al
centro dell’Universo veniva posta la Terra come affermato dalla Bibbia. La
Chiesa aveva preso come filosofo di riferimento Aristotele che aveva una
identica visione dell’Universo.
Tommaso Campanella, nella sua opera “La città del Sole” divulgava la teoria
Eliocentrica e lo stesso titolo dell’opera era un messaggio subliminale a
favore di questa teoria. Tommaso
Campanella ipotizzava la rivoluzione contro la dominazione spagnola di
modello Comunista Platonico che è molto diverso
dall’ideologia marxista .
Giordano Bruno, la cui opera più famosa
è “I dialoghi italiani”, scrisse in
tono molto ironico, sarcastico e provocatorio aderendo alla teoria
Eliocentrica. Mise in ridicolo la Chiesa Cattolica che definì “Bestia
trionfante” e “ Santa asinità” . Venne bruciato vivo a Roma nel 1600 a Campo
dei Fiori.
Galileo Galilei fu processato più volte
fino alla famosa abiura. Oltre alla Santa Inquisizione l’altro strumento usato
dalla Controriforma per censurare le teorie scomode, fu l’indice
dei libri , un elenco di opere di cui veniva vietata e perseguita la
diffusione.
Torquato Tasso
Torquato Tasso nacque a Sorrento nel 1544 e morì a Roma nel 1595. Tasso
riflettè quel periodo molto controverso della seconda metà del ‘500. E’ la
figura della letteratura italiana più tormentata: fu un genio male detto.
Il padre era bergamasco e la
madre sorrentina. Il padre, uomo molto colto e raffinato, lavorava per la corte
di Napoli e per vicende politiche venne accusato di sobillare una rivolta
contro il re. Dovette lasciare il Regno di Napoli e si portò con se il figlio
Torquato strappandola alla figura materna. Ne seguì un perenne peregrinare per
l’Italia mentre Torquato compie gli studi con una vera passione per la storia e
la filosofia. All’età di 12 anni Torquato venne a sapere della morte della
madre causandogli, questo fatto, un
altro trauma. Successivamente muore anche il padre.
Nel 1565 finalmente si prospetta
nella vita del Tasso un periodo di relativa tranquillità: approda alla corte
ferrarese degli Estensi e vi rimane fino al 1576, è il periodo in cui scrisse
le sue opere migliori Aminta e
Gerusalemme liberata. Purtroppo questo periodo dura poco, Tasso incomincia
a dare segni di squilibrio mentale che si manifestano in più modi: mette in
discussione se stesso e pensa di avere scritto un’opera peccaminosa
denunciandosi alla Santa Inquisizione che viceversa lo assolse, cerca di
aggredire personaggi della corte. A seguito di questi episodi, viene cacciato
dalla corte Ferrarese e Tasso si recò a Sorrento dalla sorella ma dopo poco
tempo tornò a girovagare per l’Italia.
Negli ultimi anni si ritirò in
convento dove morì nel 1595. negli ultimi anni della sua vita scrisse la: Gerusalemme conquistata.
Le opere principali
Aminta
E’ un dramma pastorale, i
protagonisti sono due bambini pastori, Aminta e Silvia. E’ un opera che Tasso
scrisse per la corte Estense. Il tema fondamentale è l’amore non corrisposto di
Aminta per Silvia, un amore che si manifesta ad Aminta all’improvviso nei
confronti della sua amica d’infanzia Silvia. Aminta ne rimane travolto. Per
Tasso l’amore è sconvolgimento.
Ad un certo punto Aminta
imbroglia Silvia, gli tende un tranello: finge di essere punto sulle labbra da
un ape sapendo che la tradizione narra che se un ape ti punge, basta appoggiare
le labbra sulla puntura ed il dolore cessa.
Fanno da contorno alla vicenda
alcuni personaggi del bosco. Grazie a uno di questi Silvia capisce che Aminta
la sta imbrogliando e lo cancella dalla sua vita.. Conseguenza: Aminta sta
malissimo consapevole che il suo comportamento ha fatto male a Silvia ed allora
decide di uccidersi.
Una considerazione importantissima è che per il Tasso l’amore e la
morte vanno a braccetto, sono due estremi che si toccano.
Aminta si sta suicidando quando Silvia lo ferma dal suo
gesto insano e scopre l’amore per lui.
Il lieto fine è quasi una
forzatura perché il dramma era stato scritto per la corte degli Estensi ed un
lieto fine catturava maggiori consensi all’opera.
Gerusalemme liberata
Può essere considerato il
capolavoro del Tasso; è un poema in versi scritto nella seconda metà del ‘500.
L’autore propone, in questa opera, l’argomento della prima crociata. Il genere
non è nuovo: è un filone già trattato in precedenza dal Boiardo e dall’Ariosto.
La Gerusalemme liberata è un poema in versi cavalleresco, epico,
religioso e storico. Storico perché il Tasso è rigorosamente fedele ai
fatti realmente accaduti, fatti storici e religiosi perché trattano della prima
crociata. Nella Gerusalemme liberata, a differenza dell’Orlando furioso, ogni singolo personaggio viene
approfondito psicologicamente, viene scavato fino in fondo.
Una delle caratteristiche del
Tasso è di identificarsi in uno dei personaggi delle sue opere e nel caso della
Gerusalemme liberata è Tancredi.
Ci sono poi nell’opera elementi
magici che hanno a che fare con la magia bianca cioè quella positiva, il bene:
ha una forte valenza religiosa.
L’opera si sviluppa su due piani
paralleli: un piano oggettivo ed un piano soggettivo. L’Orlando furioso
dell’Ariosto si sviluppa invece in modo circolare.
Il piano oggettivo è
rappresentato dai fatti storici, nello specifico la crociata. Il piano soggettivo
è l’aspetto psicologico di ogni singolo personaggio.
Nella Gerusalemme liberata c’è
l’elemento del mecenatismo: è dedicata al Duca Alfonso II D’Este.
I personaggi.
Goffredo di Buglione:
comandante dei soldati crociati, ripreso da una precedente piccola opera
intitolata: Goffredo. Rappresenta anche un capo spirituale in quanto sente il
suo ruolo come il comandante dell’esercito di Dio. Nel proemio (introduzione)
si vede questo personaggio con tutta la sua carica religiosa quando chiama a
raccolta i suoi cavalieri e fa loro un lungo discorso in cui cerca di toccare i
sentimenti più nobili. Ad essi rimprovera di aver quasi rimosso il significato
di essere un soldato crociato, portatore di fede. Si erano infatti fatti
abbagliare dall’ansia di conquista, di vittoria, di prestigio.
Rinaldo: è un
famoso cavaliere, è il cavaliere che molto spesso perde di vista l’aspetto
religioso e si fa travolgere dall’aspetto terreno con la bramosia di conquiste.
Rinaldo gode delle attenzioni di una figura un po’ particolare che è Armida,
una maga che usa i suoi poteri per sedurre è una incantatrice che riesce a
intrappolare Rinaldo nel suo giardino magico che è colto da una sorta di
incantesimo e dimentica tutti i suoi doveri. Successivamente con l’intervento
divino Rinaldo viene strappato dal luogo della perdizione e ritorna ad essere
quel cavaliere valoroso di cui i cristiani hanno bisogno. Armida, innamorata di
Rinaldo, si converte ed abbandona la magia.
Tancredi: è un
cavaliere che vive in tutta la sua
esistenza profonde lacerazioni; il suo rapporto con Dio è spesso conflittuale,
si pone delle domande e ne resta disorientato: è un grande travaglio
spirituale. Tancredi è innamorato di Clorinda ma il suo amore non
è corrisposto perché Clorinda è un’amazzone saracena. Tancredi è lacerato anche
perché Clorinda rappresenta il male, il nemico di Dio. Dopo un estenuante
duello Tancredi uccide un cavaliere saraceno senza sapere che si tratta della
sua amata. Questa in punto di morte chiede di essere battezzata, così Clorinda
vive la vita ultraterrena dei giusti mentre Tancredi ha la morte
nell’anima.
Erminia: è una
figura contrapposta a quella di Clorinda, è una principessa mussulmana e
incarna la femminilità da un punto di vista più dolce e materno, meno
passionale, odia la guerra e la morte che la guerra porta con se; è un animo
dolce e sensibile ed è innamorata di Tancredi di un amore ovviamente non
corrisposto. Durante un duello con Argante, capo guerriero mussulmano, Tancredi
viene ferito gravemente. Erminia lo soccorre e con le sue amorose cure lo
salva, Tancredi a questo punto è pronto a ricambiare l’amore di Erminia.
Solimano è l’alter
ego di Goffredo di Buglione, è una figura che viene descritta come un uomo di
grande dignità, come leader politico e spirituale di grande lealtà che anche
quando si accorgerà che tutto è perduto sceglierà di restare a fianco dei suoi
soldati e morirà con loro.
L’opera termina con la vittoria
dei crociati sui saraceni, ed i cavalieri cristiani si raccolgono in preghiera
sul Sacro Sepolcro.
Nella Gerusalemme liberata, Tasso ripristina le tre unità aristoteliche :
tempo, luogo, spazio.
Il poema è composto da 20 canti
di ottave in versi endecasillabi.
Il Barocco
Il Barocco fu un movimento
artistico letterario che si affermò in Europa nel ‘600 anche se
originariamente questo movimento si
affermò partendo dal mondo artistico.
Fu una vera e propria reazione
al classicismo. Il termine Barocco è un termine arabeggiante, molti
ritengono che questo termine derivasse dalla forma irregolare di una pietra
esotica. Ben presto questo termine diventò sinonimo di un discorso astruso,
ostico, articolato.
Il Barocco ebbe anche la fama di
essere un movimento un po’ artificiale in autentico, in quanto spesse volte più
interessato alla forma che al contenuto. Di fatto il Barocco ebbe come scopo
fondamentale ottenere nel pubblico la meraviglia,
o il meraviglioso ossia doveva
stupire a tutti i costi. Il potere appoggiò il Barocco proprio perché non aveva
contenuti e non era quindi fonte di problemi.
La differenza tra Classico e
Barocco.
- Classico: equilibrio, chiarezza, semplicità,
rigore.
- Barocco: ricercato, poco accessibile, astruso,
bizzarro
La forma barocca in letteratura
la si ottiene in diversi modi: da un punto di vista formale con metafore, simboli,
paradossi e dal punto di vista del contenuto con oggetti che colpiscono
l’attenzione del pubblico.
Il linguaggio metaforico
simbolico è un linguaggio irrazionale. Il Barocco non fu un movimento omogeneo:
in alcune parti d’Europa il Barocco ha saputo darci alcuni dei più grandi
scrittori di tutti i tempi come Shakespeare, Cervantes, Calderon de la Barca,
in pittura Caravaggio.
La forma barocca è molto
cerebrale. Se usata bene è molto interessante se usata male è scadentissima e
priva di alcuna sostanza.
In Italia il Barocco è molto
scadente e quanto di più finto possa esserci. Fu caratterizzato da Gianbattista Marino.
Il Marino divenne l’emblema della
cultura ufficiale dell’epoca . Divenne così autorevole che fece scuola; nacque
da ciò il marinismo. Marino si specializzò in poemi prediligendo storie
mitologiche un po’ modernizzate e si mise in evidenza per essere un gran
virtuoso.
La sua opera più importante fu l’
Adone, una storia d’amore mitologica
che Venere nutre per questo giovane chiamato Adone. Ben presto però Adone
morirà vittima della gelosia di Marte.
Non si può dire che non si sia
stato un tentativo di esprimere il Barocco in forma vera e alta ma il
virtuosismo di pochi fu soffocato dalla massa. Una forma di alta espressione
barocca fu la letteratura d’ opposizione,
che era in disaccordo con il marinismo e veniva vessata dalla censura. La
letteratura d’opposizione si schierò contro il marinismo quale degenerazione
del Barocco.
La singolarità di questo
movimento era data dal fatto che gli esponenti di questa tendenza furono
soprattutto filosofi che scelsero di scrivere i loro testi utilizzando una
prosa letteraria. I filosofi di riferimento furono i già citati T. Campanella,
G.Bruno, G.Galilei.
Il primo paradosso, dopo una
grande fioritura letteraria del ‘200 con Dante, Petrarca, Boccaccio ecc. fu
questa decadenza marinista.
Il secondo paradosso fu che in
Italia esistevano testi di alto barocco, furono però come già detto, testi
scritti da scienziati, da filosofi come Campanella, Bruno, Galilei.
Giordano Bruno aveva una visione
panteista (pan = tutto) , il tutto è
l’insieme di parti: la visione panteista è quella che dice che Dio non è sopra
tutto ma è in tutto. DEUS INSITA OMNIBUS
Galileo Galilei
Nacque a Pisa nel 1564, compì gli
studi iniziali scientifici a Padova, diventò un grande scienziato molto presto
ed inizialmente ebbe la protezione della Chiesa. Anche Galilei come Giordano
Bruno non era ateo, ma anche Galilei aveva una visione panteistica ,
vedeva la presenza di Dio in tutto l’Universo.
I problemi iniziarono quando
Galilei mise mano al sistema Tolemaico-Aristotelico,
ossia alla teoria geocentrista.
Mise mano agli studi di Keplero e
Copernico ed unì all’osservazione empirica lo strumento fondamentale della
matematica. Nel 1609 fra l’altro mise a punto uno strumento già esistente: il
telescopio che egli modificò ed utilizzò per studiare l’universo.
I testi di G. Galilei hanno, in primis, un grande valore
scientifico ma hanno anche un grande valore letterario e sono in stile barocco.
Galilei aveva una grande ammirazione per l’Ariosto, non tanto da un punto di
vista contenutistico ma da un punto di vista formale. Ammirò sempre la sua
chiarezza espressiva: Galilei è il fondatore del metodom scientifico e con lui
inizia la scienza moderna.
Nel 1589 Galileo ottenne la
cattedra di matematico presso l’università di Pisa, in seguito si trasferì a
Padova dove ebbe la possibilità di ampliare le sue ricerche e nel 1610 rientrò
a Pisa. Da quell’anno in poi Galileo cominciò ad esternare la sua convinzione
che Keplero e Copernico avessero ragione circa la teoria eliocentrica,
ripudiando così la teoria di Aristotele.
Sconfessando la teoria
aristotelica Galileo ribadiva che la scienza doveva essere libera,
nell’interesse della collettività, doveva essere separata dalla religione,
nell’interesse di entrambe.
Nel 1616 scattò la denuncia della
Santa Inquisizione, dopo ripetute ammonizioni; convocato dal Santo Uffizio, le
teorie di Galilei vennero dichiarate eretiche. I vari processi a Galileo
durarono per 16 anni, fino al 1632; Galileo a questo punto decise di abiurare
le proprie teorie salvandosi così dal rogo. Venne inviato in una sorta di
isolamento e morì nel 1642 circondato da pochi discepoli e uno di questi fu il Torricelli.
Le opere principali di Galileo Galilei
La grandezza di Galileo Galilei
stava nel aver saputo raccontare al mondo le sue grandi intuizioni, attraverso
una prosa letteraria accessibile a tutti. La sua prima opera letteraria fu Siderus
Nuncius il cui contenuto verteva sui satelliti di Giove e sulle
macchie solari.
Un’ opera molto importante fu Il
Saggiatore dove combatte contro il dogmatismo della scienza: non ci si
può appellare al principio d’autorità della scienza che deve essere un sapere
laico. Successivamente scrisse le Lettere copernicane. Galileo con il
suo linguaggio pedagogico dimostrò che tra scienza e religione non esiste
contraddizione e quelle che potevano
sembrare tali lo erano solo in apparenza; disse che quando un uomo guarda il
mondo, guarda il grande libro della Natura . Come tutti i libri anche questo
utilizza un suo specifico linguaggio. Esiste anche un altro grande libro : La
Bibbia ed anche questo ha un suo proprio linguaggio. In sostanza la Bibbia e la
natura dicono le stesse cose ma con modi diversi ed è per questo che possono
sorgere malintesi. Hanno due caratteristiche strutturale differenti : La Bibbia
ha un linguaggio storico; il linguaggio della natura invece è un linguaggio
matematico ossia oggettivo.
L’opera capolavoro di Galileo è: Il
dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. In quest’opera egli sostiene la teoria copernicana; inoltre
sceglie per diffondere questa teoria, una forma che è la più chiara e semplice
possibile: il dialogo, questo perché tutti possano comprenderlo: di conseguenza
ci sono dei personaggi : Simplicio, portavoce delle teorie aristoteliche;
Salviati, che è il sostenitore della nuova visione copernicana; fra i due è
frapposto Sagredo, che ha il ruolo di mediatore fra le due parti. Quest’opera è
divisa in quattro parti (quattro incontri) in cui i personaggi si incontrano
per parlare. Ogni giornata è dedicata a uno degli argomenti che mettono in
crisi il pensiero aristotelico.
Il metodo sperimentale di Galileo
Il metodo sperimentale di Galileo è il metodo che ancora oggi utilizza
la scienza. Bisogna partire dalle intuizioni empiriche, cioè dall’osservazione della realtà; poi
bisogna fare un ragionamento induttivo, ovvero, partendo dal particolare, si fa un ragionamento universale, poi bisogna fare la controprova.
Questo metodo consiste quindi
nell’osservazione iniziale dei fenomeni naturali, con conseguente formulazione
di un’ipotesi, che rimarrà tale fino
a quando non verrà provata che questa è certa, e, infine si fa un tentativo per via sperimentale di
ricostruire il fenomeno osservato in natura, sottoponendolo poi a varie
verifiche.
Il fenomeno si presenta
complesso. Punto di partenza: per cercare di fare chiarezza, posso iniziare risolvendo il fenomeno
complesso nelle parti più semplici, tanto più un fenomeno è semplice tanto
più è semplice misurarlo. Poi posso fare la sintesi,
cioè l’inverso, mettere insieme le parti più semplici e arrivare al complesso. Analisi vuol dire scomporre,
semplificare sintesi, invece, vuol dire
comporre.
Per dimostrare la validità di
una ipotesi devo sottoporla a verifica: ovvero scomporre e riproporre in
laboratorio il fenomeno osservato. Per descrivere ciò che osservo in
laboratorio utilizzo un linguaggio scientifico e oggettivo: quello matematico.
La verifica mi porta s dimostrare che l’ipotesi è vera, facendola
diventare così una certezza; ma mi può portare anche ad un risultato di falsità
che può portare a nuove strade di indagine.
L’Arcadia
L’Arcadia fu un fenomeno letterario che si affermò in Italia negli
ultimi decenni del Seicento ma si propose fino ai primi anni del Settecento.
L’Arcadia fu un movimento
antibarocco e antimarinista, volle ed ottenne un ripristino del classicismo, fu
un ponte verso l’illuminismo.
L’Arcadia nacque come una vera e
propria scuola, come un’accademia.
Fu fondata nel 1690, l’anno successivo alla morte di Maria Cristina di Svezia che aveva
rinunciato al trono e si era trasferita a Roma dove aveva dedicato la sua vita
alla cultura, in particolare aveva una passione per i classici greci e latini.
Maria Cristina aveva voluto condividere questa passione con tutti coloro che
avessero avuto questo interesse comune. Quando morì, i suoi più fedeli amici
fondarono una scuola in memoria di
quegli anni e nel 1690 fondarono l’Arcadia.
L’Arcadia era una regione mitica
della Grecia antica. Il mito raccontava che gli abitanti di questo luogo
vivessero una vita idilliaca, in completa sintonia
tra uomo e natura.
Gli abitanti dell’Arcadia erano
prevalentemente pastori che vivevano una vita pura e incantata, i quali, nelle
pause si dilettavano nello stile poetico: erano pastori- poeti.
Le intenzioni di coloro che si
iscrivevano all’Arcadia erano di simulare il ritorno alla natura, tutti erano
“pastori” cadevano le classi sociali.
I due fondatori dell’Arcadia
furono Gravina e Crescimbeni.
Il grande nemico fu “il meraviglioso” a favore di una lirica semplice, naturale, chiara. La
figura che ebbe maggiore successo fu Metastasio. Fu la figura che si
impose maggiormente fra la fine del ‘600 e i primi 20 o 30 anni del ‘700. La
sua fama raggiunse vette molto alte. Il nome Metastasio era un nome d’arte,
l’autentico nome era Pietro Trapassi; questi era stato
allevato dal Gravina, fondatore dell’Arcadia il quale voleva farne il
caposcuola del genere tragico in età moderna. Impose al Trapassi l’obbligo di
leggere certi autori vietandone la lettura di altri come Dante e Tasso e gli
impose il nome grecizzante di Metastasio.
Alla morte del Gravina,
Metastasio si ribellò sia per quanto riguardava la sfera privata che sotto
l’aspetto letterario; infatti Metastasio sarà il fondatore del melodramma.
Il melodramma è una tragedia
recitata e cantata di contenuto poetico. Questo genere ebbe un enorme successo
e la sua fama andò oltre i confini italiani e si estese in gran parte d’Europa
in particolare presso i teatri d’Austria. Grosso modo i contenuti delle sue
opere erano di carattere storico.
Intorno al 1730 il successo di
Metastasio andò scemando e passò dalle stelle alle stalle praticamente
dimenticato da tutti: in Europa si stava affermando una nuova importante
corrente: l’Illuminismo.
L’Illuminismo
Il termine illuminismo sta per lumen = luce: è la luce della
ragione contrapposta all’oscurantismo
del ‘600 e del Medio Evo. Il vero nemico degli illuministi era la
superstizione e tutti quei poteri, istituzioni e organi che in nome di essa
avevano relegato l’umanità nel buio della ragione. Il principale bersaglio
degli illuministi era la Chiesa , colpevole di aver voluto mantenere gli uomini
nell’ignoranza e nella superstizione per poterli controllare e sottomettere.
Gli illuministi in generale
corrispondevano alla classe borghese, figure colte e atee che conoscevano la filosofia, la storia, le leggi: erano
professori, dottori, avvocati, i cosiddetti philosophes.
I primi cardini furono:
- tutti gli uomini sono uguali per natura, ne
consegue che il re non è tale per volontà divina per volontà degli uomini.
Anche i nobili erano uguali al resto della popolazione, ragione per cui
anch’essi dovevano pagare le tasse come i ceti più deboli; ne conseguì che
venne combattuta la superstizione che nel corso dei secoli aveva sostenuto
il potere dello Stato e della Chiesa. L’unica differenza la crea il merito
(società meritocratica).
- La società meritocratica deve permettere la
diffusione dell’ istruzione.
- Gli Illuministi ritenevano che l’età illuminata
fosse uno spartiacque della storia: prima vi era solo il buio è perciò
nulla merita di essere tenuto in considerazione.
Gli Illuministi avevano una
visione progressista e ottimista: presto o tardi la ragione darà una risposta a
tutto e risultati ottimali per l’uomo con il progresso e il benessere per
tutti.
Gli Illuministi affermavano che,
dal momento che nessuna religione è ammissibile perché è solo superstizione,
l’unica che potesse essere accettata fosse il DEISMO che è una concezione
filosofica dove si ritiene che Dio non sia altro che un termine col quale si
indica un principio ordinatore, ciò comporta che la natura è un ordine di tipo
causale :causa – effetto [ se vedo un fenomeno (effetto) risalgo alla causa].
Il fine della natura non è Dio,
il Deismo è una concezione razionale, empirica, meccanicistica, materialista:
se tutto ciò che esiste è di natura materiale, l’anima non esiste e si negano
tutti i concetti legati all’anima.
Alcuni nomi più importanti
dell’illuminismo sono: Diderot, D’Alembert, Voltaire.
Diderot e D’Alembert scrissero :
l’Enciclopedia che voleva essere un compendio di tutta la conoscenza ed uno
strumento di divulgazione della cultura.
·
Le idee illuministe si diffusero nei salotti
della nobiltà più emancipata e progredita, nei locali pubblici dove iniziava ad
essere somministrata una bevanda esotica importata dalla Compagnia delle Indie:
il caffè. Iniziarono ad essere diffusi i giornali e gli Illuministi fecero una
grande battaglia per la diffusione dei giornali che diventarono uno strumento
privilegiato per la diffusione delle idee. Nasceva in quel periodo la figura
del giornalista, impegnato socialmente con
il primario compito di denunciare.
L’Illuminismo fece anche una vera
e propria battaglia contro il mecenatismo vista come una forma di
condizionamento.
Significato dei termini:
Liberté-Egalité-Fraternité.
Liberté ed Egalité sono
facilmente intuibili.
Fraternità: fratellanza, se siamo
tutti uguali siamo tutti fratelli. Se trasformiamo il mondo da realtà
conservatrice ed assolutista in realtà aperta, democratica e di uguaglianza,
siamo cittadini del mondo e perciò fratelli gli uni e gli altri.
Vi è la tendenza ad identificare
l’Illuminismo con la Francia, in realtà bisogna dire che l’Illuminismo nasce in
Inghilterra e nei Paesi Bassi, i paesi più avanzati in Europa in quel tempo. La
Francia fu il paese però dove ebbe maggior impatto, perché la borghesia
francese, la nobiltà la società in genere, aveva un disperato bisogno di
rinnovamento.
Altri esponenti dell’Illuminismo
furono i seguenti.
John Loke inglese;
scrisse:” Saggio sull’intelletto umano”
fu forse il vero iniziatore dell’illuminismo.
Immanuel Kant tedesco; segnò lo spartiacque con il Romanticismo.
Iniziò in quel periodo la
diffusione del romanzo e due importanti romanzieri furono: J. Swift con:
” I viaggi di Gulliver”e Daniel Defoe con “ Robinson Crusoe” : Swift
scrisse dei viaggi di Gulliver come sinonimo
di conoscenza e tutte le avventure di Gulliver non sono altro che le
prove che l’uomo deve risolvere grazie solo a se stesso , senza aiuti divini.
Sono metafore che rappresentano situazioni politiche.
Robinson Crusoe è la metafora
dell’uomo illuminista: c’e il mito del ritorno alla natura e del buon selvaggio, Robinson deve ripristinare il
rapporto con la natura senza leggi imposte. L’altro grande tema è la ragione. Robinson grazie alla ragione
riesce a sopravvivere anche in quella situazione ostile ed inedita.
L’Illuminismo italiano
Non fu certo inferiore a quello
inglese o francese. La diffusione anche in Italia avvenne attraverso i salotti,
i Caffè e i giornali. I più importanti centri dell’Illuminismo furono due:
Milano e Napoli.
Cesare Beccaria nel 1764 pubblica:”Dei delitti e delle pene”.
Questo libro è ancora oggi modernissimo e di grande attualità. Punto di
partenza è una polemica nei confronti di ogni forma di tortura di cui la
condanna a morte è la massima espressione. Egli costruì una serie di tesi
contro queste pratiche, con la dimostrazione razionale e scientifica.; sono crimini
contro l’umanità ma anche inefficaci per ottenere giustizia. Beccarla sostiene
che genericamente la pena di morte e la
tortura sono solo pene esemplari.
La tortura è una pratica barbara
e sotto tortura un individuo può ammettere o denunciare il falso.
Le teorie liberali sostengono che
gli uomini nel momento in cui nascono sono uguali a tutti gli altri, ma gli
uomini nascono con tre diritti inalienabili:
·
diritto
alla vita,
·
diritto
alla libertà;
·
diritto
alla proprietà.
Cesare Beccaria afferma che colui
che ha violato la legge ha infranto un patto sociale.
Lo Stato di natura è uno
stato in cui si nasce senza legge e l’individuo ha tre priorità:
vita/libertà/proprietà. L’individuo gode di libertà assoluta.
Lo Stato di diritto è uno
stato che deve garantire: vita/libertà/proprietà ma abbattendo la legge del più
forte attraverso le leggi.
La libertà sancita dalle leggi
garantisce meglio il raggiungimento dei diritti inalienabili.
Beccaria dice che quando uno
infrange la legge deve essere rieducato.
Torture e pena di morte non
suddividono la gravità del reato commesso.
Beccaria sostiene che uno stato
moderno non può praticare la legge del taglione “occhio per occhio e dente per dente” la pena di morte è una legge
medievale, triviale,vendicativa. L’emotività è del singolo ma lo Stato deve
essere obiettivo e giusto nel comminare la pena che ha come fine la
rieducazione.
I fratelli Verri furono due figure importantissime nel mondo
illuminista, fondarono l’Accademia dei pugni, che voleva essere una battaglia
contro l’oscurantismo. A fianco all’Accademia dei pugni i fratelli Verri
pubblicarono una rivista chiamata “Il Caffè” che prese il nome dal circolo
letterario fondato dai Verri. Il “Caffè” aveva interessi eterogenei, si
occupava di divulgare le idee illuministe ma anche le nuove pratiche economiche
e i metodi produttivi, esigenza che nasceva dal fatto che arrivassero in Europa
prodotti nuovi. Furono grandi frequentatori della corte di Maria Teresa
d’Austria che influenzarono notevolmente con le loro idee illuministe.
Carlo Cattaneo. Aveva uno spirito molto moderno, guardava al futuro
convinto che la tecnica sarebbe stata la chiave di volta per il progresso
civile dell’umanità. Cattaneo sognava un’Italia unita e federale.
Va detto che i più importanti
illuministi furono lombardi ma anche alcuni napoletani sono degni di menzione
come Ferdinando Galliani nel Regno
di Napoli che divenne tanto importante da diventare ambasciatore a Parigi, in
particolare Galliani si occupò di economia. Gaetano Filangeri si occupò di questioni legislative. Nel Regno di Napoli però, gli Illuministi
poterono incidere poco sulla politica sociale, riuscirono a modificare poco
anche le questioni amministrative.
Giuseppe Parini.
Nacque a Bosisio nel 1729; era di
umili origini e compì gli studi grazie ad un lascito di una zia a patto di
diventare sacerdote. La sua opera poetica è un inno all’uguaglianza e alla
democrazia. Studiò presso i padri Barnabiti e la sua formazione fu di
estrazione classica. Lo studio lo portò a scoprire la sua vocazione poetica che
nel 1752 si tradusse in una prima opera che come forma e contenuto di fatto
ricalcò l’Arcadia. Questa opera poetica si intitolava “ Alcune poesie di Ripano Epioli”.
Questa raccolta ebbe un discreto successo , lo fece conoscere e gli consentì di
entrare a far parte dell’Accademia dei Trasformati: intellettuali che stavano
diventando illuministi. Anche Parini iniziò a far sue le idee illuministe.
Nel 1754 venne ordinato sacerdote
e questo gli permise di fare un’esperienza fondamentale che sarà di ispirazione
al suo capolavoro “Il Giorno”. Divenne precettore presso i Serbelloni e questa
esperienza fu importante perché avvicinando una famiglia di aristocratici
sviluppa sentimenti conflittuali: da una parte restò ammirato dal gusto,
dall’eleganza, dai modi di quegli ambienti, ma ben presto questa animazione si
trasformò in disprezzo perché si rese conto che in quel ambiente era tutta una
finzione, l’aristocrazia era arrogante, sprezzante, frivola. All’ aristocrazia
mancava la consapevolezza che esisteva una dura realtà all’esterno dei loro
palazzi.
Il Parini si schierò dalla parte
dei più deboli e ritenne che il suo compito fosse quello di tentare un’opera di
rieducazione dell’aristocrazia.
La prima opera che il Parini
scrisse a questo proposito fu “ Dialogo sopra la nobiltà”; si
trattava di un fittizio dialogo che si svolgeva all’interno di un sepolcro fra
un poeta e un nobile defunti. Genericamente il tono dell’opera era piuttosto
vivace, sarcastico, ironico e divenne il pretesto per mettere in evidenza gli
aspetti più degenerati dell’aristocrazia contrapposti alla voce del poeta
illuminato.
Il dialogo venne scatenato dal
diverbio polemico intrapreso dal nobile che manifestava il suo disappunto per
essere stato sepolto in mezzo alle persone comuni. Il poeta gli rispose con
ironia dicendo che da morti siamo tutti uguali, teoria cara agli illuminati che
asserivano che gli uomini anche alla nascita erano tutti uguali.
Con quest’opera il Parini
manifestò il principio della fratellanza fra gli uomini ed ebbe un grande
successo in particolare con Maria Teresa d’Austria che lo volle a corte. Questa
stima permise al Parini di assumere l’incarico della sovrintendenza alla
istruzione e divenne uno dei più importanti redattori della “Gazzetta di
Milano”; ottenne anche la cattedra presso il ginnasio delle Belle Arti.
Nei confronti della Rivoluzione
francese ebbe un atteggiamento moderato e morì nel 1799 in condizioni economiche disagiate venendo sepolto in una
fossa comune in virtù di alcuni provvedimenti emanati da Napoleone che
prevedevano che i morti dovevano essere sepolti fuori dalla città.
Altra opera importante fu le “Odi”
che avevano un contenuto fortemente illuminista, in particolare l’ode più
famosa è “La caduta”
“La caduta” racconta in prima
persona un episodio accadutogli, ovvero in una giornata d’inverno il vecchio
Parini, camminando in modo incerto, scivolò e cadde per terra e questa caduta
provocò l’ilarità di un giovane che però lo aiutò e riconoscendolo, gli fece un
lungo discorso in cui sostanzialmente gli diceva “ ma come, sei Parini e sei caduto così in basso, senza nemmeno una
carrozza per muoverti; tu devi andare a bussare alla porta di qualche
aristocratico e impietosirlo, in fondo l’aristocrazia non aspetta altro che
mettersi in pace la coscienza e poi vantarsi con gli altri per la buona azione.
Tu Parini puoi andare a bussare alle porte che contano, anche a quella
dell’Imperatore”.
Parini però con sdegno gli rispose” ti ringrazio per l’aiuto ma il tuo consiglio
mi offende, io non voglio tradire i miei principi di onestà” e
indispettito, con il suo bastone se ne andò.
Il Parini utilizzò uno stile
molto nuovo, sarcastico, satirico, realistico, ma quando voleva prendere in
giro l’ozio, la frivolezza, la superficialità degli aristocratici, lo faceva
con un linguaggio classicheggiante. Egli fu un riformatore perché usò tutto il
suo genio per esercitare un’opera di riforma dei costumi dell’aristocrazia.
La sua opera principale “Il Giorno” fu iniziata nel 1763 e la
stesura, nelle sue varie parti, durò fin quasi alla sua morte; è un poema
satirico in endecasillabi sciolti dove viene raccontata una giornata tipica di
un giovin signore, un rampollo dell’
aristocrazia. Viene raccontata ad un precettore che è la voce del Parini. Il
racconto del giovane è centrato sulle cose superflue, egli è vanesio ed
insulso. Quello che il precettore
racconta è un processo per insegnargli come essere alla moda, come comportarsi
in certe occasioni, quali apparenza salvare.
L’opera è suddivisa in quattro parti: il Mattino, il Mezzogiorno, il
Vespro, la Notte; nella sua interezza appare un’opera frammentaria, proprio
perché le diverse componenti sono state scritti in un lasso di tempo molto
lungo. In particolare, dovendo dare un giudizio in merito, il Mattino ed il
Mezzogiorno, sono le parti migliori nettamente superiori alle altre.
Il Mattino: viene
descritto il tardo risveglio del giovin signore, nonché tutto il cerimoniale
che sta alla base della sua prima colazione a cui segue un futile intrattenimento
con i suoi precettori di ballo,canto, musica ecc. A ciò segue quello che il
Parini chiama il rito della pettinatura e incipriatura e la vestizione. Segue
poi l’uscita in carrozza con la sua dama di cui si dichiara cavalier servente.
Il Mezzogiorno: il nostro
giovin signore è invitato a pranzo dalla sua dama. Gli invitati sono uno più
vanesio ed insulso dell’altro ed il fatto più importante è l’episodio della
Vergine Cuccia che diventa l’emblema corruzione e vuoto dei valori che
caratterizza l’aristocrazia. A questa tavola è presente anche il marito della
dama che, per salvare le apparenze, finge di non vedere l’atteggiamento del
giovin signore con sua moglie.
Il Vespro. Nel tardo
pomeriggio il giovin signore esce in carrozza per intrattenersi sul corso con
gli altri suoi simili della “buona” società.
La Notte. Termina
con un grande ricevimento dato da una
ricca signora annoiata dove una folla di ricchi aristocratici mette in evidenza
le peggiori qualità dell’aristocrazia con discorsi banali, frivoli e con
corteggiamenti.
In generale questa opera satira
viene realizzata usando la tecnica del contrasto, mettendo a confronto il
popolo e l’aristocrazia; al tempo stesso l’opera evidenzia uno stile molto
ricercato e ricco di latinismi e riferimenti mitologici. Malgrado la spietata
critica agli aristocratici il fine non è l’odio ma la riforma della stessa
aristocrazia.
Carlo Goldoni.
Sarà colui che riformerà il
teatro: riformerà la commedia dell’arte e queste modifiche e cambiamenti
saranno aspramente criticati.
Nacque a Venezia nel 1707,
appartenne ad una grande borghesia ed i suoi studi furono di carattere
giuridico, non avvennero in un'unica città in quanto il padre medico si
spostava spesso e si laureerà a Padova. Si racconta di un episodio avvenuto a
Pavia, che lo segnerà. Qui scrisse un pezzo di gusto satirico sulle donne
pavesi e le descriveva come altezzose e provincialotte, questo pezzo causò la
sua cacciata dall’università di Pavia.
Iniziò una positiva carriera di
avvocato ma nel 1747 Goldoni decise di abbandonare la professione forense a
favore di una totale dedizione al teatro.
Tre furono le sue tappe
fondamentali.
1a tappa.
Dal 1748 al 1753 si legò al teatro Sant’ Angelo a Venezia dove venne
assunto e dove scrisse alcune commedie importanti di cui due sono molto
significative: La Bottega del caffè e
La Locandiera. In questo
periodo Goldoni fu costretto a ascrivere ben 16 commedie dal capocomico
Medebach e malgrado questi capolavori fu soggetto a feroci critiche.
2a
tappa. Nel 1753 abbandonò il teatro Sant’Angelo per il teatro San Luca
dove restò fino al 1762 e continuò ad applicare le sue regole. Tra le commedie
più importanti di questo periodo vi sono: Il Campiello, I Rusteghi, Il sior Todero
brontolon Ottenne un mix di
successo e di critiche e vi fu da parte di Goldoni un senso di scoramento e
incomprensione e decise di abbandonare Venezia e trasferirsi a Parigi convinto
di trovare un terreno più fertile per la
sua riforma.
3a tappa. Dal 1763 al 1793 visse a Parigi dover
divenne responsabile della commedia italiana. Anche in questo caso il clima non
fu sempre favorevole. Una delle opere di questo periodo fu Il Ventaglio. In Francia
scrisse anche Le Memorie opera nella quale mescolò arte e vita.
Nel 1789 scoppiò la Rivoluzione
Francese ed essendo egli uno stipendiato di corte venne accusato di essere
protetto dall’aristocrazia e cadde in disgrazia, morì povero a Parigi nel 1793.
La commedia dell’arte e la riforma di Goldoni.
Nacque nel Seicento in età
barocca e mise in scena situazioni definite “cliché” cioè situazioni
collaudate, stereotipate che si basavano su battute ad effetto capaci di
stupire il pubblico a doppio senso, inoltre si basava su un canovaccio e gli
attori vi costruivano situazioni stereotipate, scontate. Gli attori erano professionisti
che interpretavano sempre se stessi ed indossavano le maschere.
Nel 1750 Goldoni pubblicò un
saggio dal titolo “teatro comico”, in quest’opera vi è la frase” la commedia è
la strada inventata per correggere i vizi e mettere in ridicolo i cattivi costumi”,
questa frase ricorda molto il filo conduttore dell’azione del Parini operando
però la riforma attraverso il teatro.
La riforma di Goldoni può essere
sintetizzata in sei punti salienti.
- La commedia deve basarsi su di un testo scritto.
- Il testo deve essere scritto da un poeta.
- Gli attori che andranno in scena dovranno di volta
in volta calarsi nei personaggi ben approfonditi e caratterizzati
- Al meraviglioso bisogna sostituire ciò che è
semplice, naturale e vero, ovvero bisogna ispirarsi alla natura e a ciò
che è secondo ragione.
- In generale Goldoni crea l’azione delle sue
commedie dalla contrapposizione fra l’oziosa aristocrazia e la laboriosa
borghesia, equilibrata e di buon senso.
- Goldoni fu il primo a trasformare il dialetto
veneziano in una lingua d’arte.
Da buon illuminista, Goldoni ebbe
piena fiducia nell’uomo e nella ragione umana e fu molto ottimista, di un
ottimismo razionale; inoltre ebbe uno spirito fortemente pacifista e
cosmopolita. Potremmo infine definire l’illuminismo del Goldoni un illuminismo
popolano, infatti quando descrive i personaggi della borghesia predilige la
piccola borghesia. La sua riforma ebbe difficoltà ad affermarsi perché chi
andava a teatro era in prevalenza l’aristocrazia che si vedeva presa di mira.
Vittorio Alfieri.
Era sicuramente un illuminista ma
caratterialmente era già proiettato verso il preromanticismo. Per Alfieri vita
e arte era un tutt’uno.
Nacque ad Asti nel 1749 da una ricca famiglia
aristocratica. Il trascorso della vita giovanile di Alfieri non è stata certo
delle più felici. Aveva una sorella cui era molto legato; persero
prematuramente il padre e la madre, ancora giovane, si risposò mandando la
bambina in convento e il maschio in collegio: nell’Accademia Reale di Torino,
una scuola esclusiva in cui oltre alla formazione scolastica i giovani venivano
avviati alla carriera militare. Questi fatti vennero raccontati in un’opera
autobiografica dal titolo “Vita”.
Finito il suo percorso formativo,
ebbe parole feroci contro quell’accademia che accusò di essere obsoleta e
antiformativa e si rifiutò di seguire la carriera militare.
Grazie alle sue ricchezze viaggiò
molto in Europa soggiornando a Parigi e Londra ma in particolare si recò in
Russia a Mosca, ma anche in Svezia e Danimarca. Questa frenesia mostra una
profonda inquietudine, la voglia di emanciparsi e uno spirito anticonformista.
Questo periodo di grandi viaggi si caratterizzò dalla lettura dei grandi
classici italiani ed europei. Alfieri era un uomo prestante, con bei
lineamenti, tenebroso e fece innamorare di se molte donne; il suo rapporto con
l’amore però era molto complicato e non riusciva a stabilizzare i suoi
rapporti.
Nel 1775 scrisse la sua prima
tragedia: “Antonio e Cleopatra”che è quasi un esame di maturità. Viene
rappresentato a Torino e rivestiva molti aspetti autobiografici in particolare
nella figura di Antonio, nell’essere e nel dover essere.
Essere: quello che sono
in realtà.
Dover essere: quello che
dovrei essere per i doveri ed i compiti del mio ruolo.
Quest’opera ebbe un discreto successo
e da quella tragedia in poi Alfieri visse una fase della sua vita di relativa
tranquillità e pace interiore che durò fino a circa il 1780/1785.
Questo equilibrio gli derivò da
alcuni fatti importanti.
·
Scelse di andare a vivere a Firenze a fianco della
sua compagna , una donna illuminata, colta, materna, era la contessa Luisa Stoldberg d’Albany, moglie di Carlo
Eduardo Stuart pretendente al trono d’Inghilterra.
·
Decise di rinunciare a tutte le sue ricchezze
che cedette alla sorella perché voleva raggiungere un equilibrio e una sana
moralità e vedeva nella ricchezza un ostacolo a questo.
Grazie a tutto questo, l’Alfieri
poté serenamente dedicarsi a scrivere i suoi capolavori: Saul e Mirra.
A fianco di queste due tragedie scrisse due trattati illuminati: nel ‘77
scrisse “Della tirannide” e nel ’89 “Del principe e delle lettere”
“Della tirannide” è
un’opera in cui Alfieri si scaglia pesantemente contro ogni forma di tirannia.
Egli individuò nella figura del tiranno un elemento tragico: egli deve ubbidire
al suo dover essere tradendo il suo essere
e ciò comporta l’odio del popolo.
“Del principe e delle lettere”
è un corollario della prima riprende il tema della libertà e affronta il
problema che esiste fra la libertà dell’intellettuale rispetto a una forma di
governo che prevede la tirannia. Egli pensò che l’intellettuale doveva essere
libero e doveva essere abolita ogni forma di sudditanza e di condizionamento
dall’alto come il mecenatismo. L’intellettuale deve essere una voce critica nei
confronti del potere, dove c’è dittatura non c’è libertà di critica. L’Alfieri
si chiede” di chi ha maggior paura chi
detiene il potere?” Degli
intellettuali perciò essi vengono censurati o condizionati.
Questi due trattati mettevano in
risalto il grande conflitto che l’Alfieri aveva con la sua epoca che egli
vedeva come un’epoca di il libertà.
L’ultima fase della vita
dell’Alfieri fu più o meno in concomitanza con la Rivoluzione francese: nel
1784 era a Parigi e nel ’89 scoppiò la Rivoluzione che fu bene accolta da lui in
quanto vi vedeva la realizzazione dei suoi aneliti di libertà; egli scrisse a
questo proposito una ode celebrativa dal titolo: “ Ode a Parigi sbastigliata” Ben presto vide nelle fasi convulse della
rivoluzione la “strage delle illusioni” che segnavano il fallimento delle
aspettative di libertà della Rivoluzione. Quel fallimento rivestì due aspetti
nell’Alfieri: da un punto di vista letterario egli cominciò a scrivere opere di
carattere satirico, commedie dove veniva fuori la sua disillusione. A questo proposito
scrisse il Foscolo:” Gli ultimi anni di
Vittorio Alfieri furono caratterizzati da un’alternanza di arrogante
irascibilità e profonda malinconia”.
Morì nel 1803 e nel 1804 venne pubblicata postuma la “Vita” una sua
autobiografia.
Le sue tragedie già ricordate
sono Saul e Mirra. Scritte tra il 1775 e il 1786. In Saul il tema principale è
l’odio verso Dio e in Mirra il tema è l’amore incestuoso di Mirra verso il
padre.
Saul è una storia
dell’Antico Testamento dove un principe guerriero aveva sconfitto i grandi
nemici del popolo ebraico: i Filistei. Dopo la vittoria Saul venne scelto per
diventare il primo re degli Ebrei. Saul avvertì di subire un complotto per
favorire David, la figura eletta spiritualmente per guidare il popolo ebraico;
a Saul quindi venne preferito David più giovane e leader morale, promesso sposo
a sua figlia. Saul è lacerato dai conflitti interiori, vede nemici in
tutti e intorno a lui vi erano solo fasi
amici che complottavano alle sue spalle; il vero mostro però era David conto
cui dovette combattere. Quando Saul si accorse di odiare David e quindi di
riflesso anche Dio, si suicidò.
Mirra è un’altra storia
ispirata a racconti biblici, é una storia di un amore incestuoso che Mirra
nutriva per il proprio padre, era un amore impossibile, inconfessabile, che da
un punto di vista psicoanalitico nascondeva
l’incapacità di Mirra di amare. Questo segreto emerse quando Mirra venne
promessa sposa e prima di sposarsi
confessò l’inconfessabile al suo futuro marito che si rifiutò di sposarla ed i
genitori invece di farsi carico di quell’orrore allontanarono la figlia
condannandola ad un grande dramma. Mirra si suicidò così come fece anche il suo
promesso sposo.
La Vita di Vittorio Alfieri
è un’opera autobiografica in cui Alfieri si racconta attraverso episodi della
sua vicenda personale, molto intimi e ricostruisce la sua formazione; si può
dire che la Vita sia una tragedia, la sua.
I grandi temi della sua poetica
sono il bisogno di vivere una vita appassionata caratterizzata dal bisogno di
“sentire fortemente” ossia essere sempre fortemente coinvolti in ciò che si
vive, in ciò che si scrive, in ciò che si fa. In Alfieri c’è un forte
individualismo che da una parte lo spinge a intraprendere battaglie eroiche e
“titaniche” e dall’altra è condannato alla solitudine interiore.
Appartiene a una aristocrazia
intellettuale e ha combattuto tutta la sua vita per affermare il diritto alla
libertà: Politica e intellettuale; inoltre questa esperienza di libertà si
trasformò in un forte spirito patriottico prerisorgimentale in quanto egli
vagheggiò per tutta la sua esistenza il sogno di un’ Italia libera e unita.